Al di là del mare. L’agrodolce sapore della primavera a Mostar e Sarajevo

Così ci appare la Croazia in una giornata di aprile. Merletto di isole vaporose che la nave aggira come un fusello.

Quando nei primi anni ottanta ho percorso la stessa rotta e la stabilità delle navi Jadrolinija non confliggeva ancora con le ruggini e l’usura degli arredi di un cinquantennio di traversate quotidiane, la frontiera si chiamava Jugoslavia e il controllo di dogana, certo lungo e meticoloso, era unico. Le banchine pullulanti di donne e uomini che si facevano largo con cartelli Rooms, Zimmer, Camere e sorrisi accoglienti non ci sono più, sostituiti dai messaggi iconici del turismo di massa. Pur provenendo da Matera e naturalmente indirizzati a usufruire del porto di Bari, preferiamo imbarcarci da Ancona per Split e risparmiarci in andata sei frontiere consecutive nel cuneo di poche decine di chilometri di costa bosniaca, esperienza non motivante che abbiamo riservato al viaggio di ritorno da Dubrovnik con una dilatazione esponenziale dei tempi di percorrenza.
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Il risveglio di Procida, l’isola della giovinezza

“E così in eterno ogni perla del mare ricopia la prima perla, e ogni rosa ricopia la prima rosa”
Elsa Morante, L’isola di Arturo

di Angela Capurso

Graziella e Arturo sono gli archetipi dell’eterno ritorno, della giovinezza che si consuma e si rinnova per Procida, l’isola profusa, levata in superficie dalle profondità del mare. Se nomen è omen, lo è ancor più se osserviamo il profilo delle sue coste, che Cesare Brandi paragona ai tentacoli di un polpo, mentre altri vedono le insenature e le baie racchiuse da chele di granchio, per altri ancora le terre emerse restituiscono la forma guizzante di un delfino. Un antico vulcano ha disegnato la sua forma sinuosa, l’erosione marina ha aperto grotte e risparmiato faraglioni nella marina di Ciraccio, il vento e le tempeste continuano a ricamare intagli e geometrie lungo tutte le pareti a picco sul mare. E la natura spontanea, che trionfa protetta sull’isolotto di Vivara, fa il resto. Read more

FARE festa. Suggestioni antropologiche sull’albero rituale del Maggio di Accettura

di Angela Capurso

Non basta vedere la festa. Neppure basta vederla una sola volta. Ci vorrebbe una magica ubiquità per seguire il Maggio e la Cima, e i loro rispettivi corteggi, che dai boschi di Montepiano e di Gallipoli-Cognato procedono contemporaneamente in direzione del loro incontro, il Largo S. Vito, in paese, e ciascun albero nel suo splendido rigoglio, come coppia destinata all’annuale hierogamia, il matrimonio sacro. Bisogna vivere il Maggio a Accettura, dove si fa la festa a S.Giuliano e al più superbo albero del bosco, sin da tempi immemorabili, istituzionalmente dal 1797: per fare si intende l’atto creativo del poiein e la disposizione d’animo che consiglia il compianto antropologo materano, storico delle tradizioni popolari, Gian Battista Bronzini (Accettura. Il contadino. L’albero. Il Santo, Galatina 1979), unico mezzo per penetrare davvero all’interno di un clima di orghìa sacra, insieme ai suoi attori, la comunità accetturese. Read more

Castello di Uggiano, da sei secoli sentinella del silenzio

di Angela Capurso

Mi sembra un atto di protervia profanare la sacralità del silenzio e contaminare i suoni della natura con il rombo dell’auto. È come se volessi arrecare il minor disturbo possibile, mortificata per il senso di colpa collettivo di sei secoli di abbandono.
Quasi nel cuore della Basilicata, Uggiano è un luogo surreale o, meglio, soprannaturale. Read more